La ‘Stonehenge d’Asia’: Göbekli Tepe

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Situato nel sud-est della Turchia, il sito neolitco di Göbekli Tepe, si compone di una complessa struttura di quasi 11.500 anni. Riconosciuto dagli studiosi come il tempio più antico del mondo, il sito archeologico è stato negli ultimi 25 anni al centro di numerose ricerche da parte delle università di tutto il mondo. È immerso nella Turchia più tradizionale e rurale, in territorio curdo, al confine con la Siria. Un’area remota, difficilmente raggiungibile. Eppure, quella collinetta artificiale delimitata da muri a secco potrebbe rappresentare un punto di svolta della storia umana: più precisamente, il luogo in cui l’uomo scelse di diventare stanziale, di riunirsi in comunità, di trasformarsi da cacciatore in agricoltore.

L’area venne segnalata una prima volta per l’abbondante presenza di frammenti di selce nel 1963 da un team di studiosi turco-statunitense, che non effettuò però ulteriori ricerche. Gli scavi presero il via nel 1995 sotto la direzione di Klaus Schmidt, a cura del museo di Sanliurfa e dell’Istituto archeologico germanico di Istanbul. Ad occuparsene attualmente sono le università di Heidelberg e di Karlsruhe, che ne hanno ricevuto l’incarico nel 2006.

Ad oggi, sono 45 gli enormi megaliti calcarei riportati alla luce, ciascuno del peso di oltre 10 tonnellate. Sean Thomas così li descrive: “Sono disposti in cerchi di diametro da cinque a dieci metri. Attorno ai cerchi ci sono panchine scavate nella roccia, piccole nicchie e muri fatti di mattoni di fango essiccato. I megaliti sono alti da uno a quattro metri, sono decorati con elaborati rilievi raffiguranti animali tra cui: gazzelle, volpi, giaguari, asini selvatici asiatici e pecore selvatiche. Tutto lascia supporre che ce ne siano molti di più ancora da scoprire. E in effetti, le perlustrazioni geomagnetiche delle colline artificiali di Göbekli Tepe hanno rilevato che ci sono almeno altre 250 pietre da riportare alla luce”.

Un pilastro decorato con l’effigie di un giaguaro.

A parere di Schmidt, Göbekli Tepe rappresentò al contempo un luogo sacro per culti di tipo sciamanico simili a quelli diffusi in Mesopotamia, un tempio in cui celebrare la vita dei cacciatori e la caccia in se stessa (come testimonierebbero bassorilievi e iscrizioni) e un sito funerario. L’archeologo ritiene che i cacciatori dell’antichità vi portassero i corpi dei defunti e li deponessero in nicchie aperte vicino alle pietre, lasciandoli agli animali selvaggi. A supportare questa tesi, i molteplici ritrovamenti di ossa umane.

È a questo punto che il reportage di Sean Thomas entra nel vivo: “Se Göbekli Tepe fosse semplicemente questo” – scrive infatti il cronista – “sarebbe già straordinario: una Stonehenge turca, una Karnak curda. Ma c’è di più”.

È incredibilmente antico. La datazione al carbonio dei materiali organici rimasti attaccati ai megaliti dimostrano che il complesso di pietre risale a 12.000 anni fa. Vale a dire che è stato costruito attorno al 9-10.000 a.C. Per fare un paragone, Stonehenge è stato costruito attorno al 2.000 a.C. Prima della scoperta e della datazione di Göbekli Tepe, il complesso megalitico più antico era ritenuto essere quello di Malta, che risale al 3.500 a.C.

Perciò, Göbekli Tepe è il più antico sito megalitico del mondo, così incredibilmente vecchio che addirittura precede la stanzialità degli uomini. Ci narra una parte di storia dell’umanità che è a inimmaginabile distanza dalla nostra, quando ancora eravamo cacciatori-raccoglitori, prima dell’agricoltura.

“Questa rivelazione” – prosegue Thomas – “è letteralmente rivoluzionaria. Fino a oggi si credeva che l’agricoltura avesse necessariamente preceduto la civilizzazione, che la complessità dell’arte, della società e dell’architettura dipendesse inevitabilmente da una fornitura di cibo costante e regolare, come quella garantita dall’agricoltura. Göbekli Tepe invece dimostra che la civiltà dei cacciatori-raccoglitori, in questa regione della Turchia, era molto più avanzata di quanto si ritenesse”. Ma come hanno fatto dei cavernicoli a costruire qualcosa di così ambizioso? Klaus Schmidt ipotizza che i gruppi di cacciatori si siano riuniti periodicamente in questo luogo, attraverso le innumerevoli decadi che ne hanno vista la costruzione. “Durante i mesi in cui lavoravano al tempio, probabilmente i cacciatori vivevano in tende fatte di pelli animali, cacciando la fauna locale per mantenersi. Le tantissime punte di freccia ritrovate attorno a Göbekli supportano la tesi, così come corroborano la datazione del sito”.

Pilastro raffigurante una forma umana priva di capo.

Sean Thomas si chiude con un’ultima, sorprendente notizia comunicatagli dal direttore degli scavi Schmidt: “La cosa incomprensibile è che, sempre attorno all’8.000 a.C., durante il passaggio all’agricoltura, Göbekli Tepe fu sepolto. Deliberatamente sepolto, intendo dire: non da una frana. Per qualche ragione, i cacciatori, gli ex cacciatori, decisero di seppellire tutto il tempio. La terra che adesso stiamo rimuovendo dalle pietre è stata portata qua dagli uomini: queste colline sono artificiali.
Perché? Nessuno lo sa. Forse fu una sorta di penitenza. Qualunque sia la risposta” – conclude Sean Thomas – “i parallelismi con la nostra epoca sono notevoli. Quando contempliamo una nuova era di turbolenza ecologica, pensiamo che forse le silenziose, buie, pietre vecchie di 12000 anni a Göbekli Tepe stanno cercando di parlare con noi, per metterci in guardia, perché stanno proprio dove abbiamo distrutto il primo Eden”.

Fonti: www.museocivico.rovereto.tn.it