Miti e Leggende dal Giappone: Tanukibi

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Una notte, durante l’autunno del tredicesimo anno dell’era Meiji (1868-1912), un tale che viveva nel distretto di Miyoshi, in Tokushima, stava camminando in una zona sperduta vicino al confine. Improvvisamente, in cima alla montagna apparve una fiammella, che poco a poco si stava sdoppiando. Più l’uomo fissava la scena e più la fiammella si moltiplicava. In breve tempo tutta la zona della montagna venne invasa da decine di fiammelle svolazzanti.

Fissando meglio la zona, l’uomo scorse una figura, come se qualcuno stesse impugnando quelle luci. Immaginò subito che si trattasse di un tanukibi (fuoco fatuo del Tanuki), di cui aveva già sentito parlare. Fu allora che gli tornò in mente il sistema per uscire da quella situazione.
Fin dai tempi antichi si diceva che il modo per liberarsi di quello yokai consisteva innanzitutto nell’urinare nella sua direzione. Quindi, dopo aver unito le ginocchia,
bisognava tracciare l’ideogramma di inu (cane) sul palmo della mano.

Fu così che l’uomo, che proprio in quel momento aveva un gran bisogno di svuotarsi la vescica, si rivolse verso la zona dei bagliori e si lasciò andare senza pensarci due volte. Nel giro di pochi attimi, le decine di fiammelle svolazzanti sparirono nel nulla. Si tratta di una varietà differente dal kitsunebi (fuoco fatuo della volpe) che di solito agisce in una zona diversa. In quel caso la fiammella fuoriesce dalla bocca della volpe. Inoltre il kitsunebi non è prodotto da un’unica volpe, ma si tratta di una fiammella che viene generata dal soffio combinato di parecchi esemplari.

Quindi, con tutta probabilità, anche in quel caso, il fuoco fatuo era prodotto dall’azione combinata di diversi Tanuki.