Biodiversità e sovrappopolazione

Wild Matters

Writer & Blogger

 

 

Il 96/97% della biomassa terrestre, se ci limitiamo ai vertebrati, è costituita dalla cosiddetta “antropomassa”, ovvero umani e animali da essi domesticati.

Dell’antropomassa un 36% è costituito da Homo sapiens.

In parole povere, il pianeta Terra è un deserto per quanto concerne gli animali selvatici.

Quasi tutto lo spazio e le risorse – suolo, acqua, biomassa vegetale – sono monopolizzate dalla nostra specie.

Eppure, in tempi recenti il mondo – forse per la semplice paura da cambiamento climatico – sembra essere attraversato da un “risveglio ecologico”.

Oggi non ci basta più la crescita economica e del potere d’acquisto.

Oggi vogliamo un mondo verde, biodiverso, giusto, equo, ricco e sostenibile per noi e per chi dopo di noi lo abiterà.

Ottimi intenti, ma…

Ma secondo l’ONU vi saranno 11 miliardi di Sapiens entro la fine del secolo 21!

L’ONU potrebbe sbagliarsi per eccesso, verissimo, ma anche l’ipotesi di un calcolo per difetto è plausibile. Infatti, la demografia può essere profondamente influenzata dalle decisioni politiche (pensiamo alla Cina o all’Iran).

In tutto ciò, sembra che l’attenzione pubblica – tutta presa in battaglie altre – sia moralmente cieca verso le politiche “pronataliste” che si stanno diffondendo in sempre più paesi.

“Dalla bomba demografica all’inverno demografico, questo è il problema!”

Così tuonano i media del tutto ignoranti del fatto che la bomba umana è esplosa, semplicemente le vittime non sono state prevalentemente della nostra specie.

Chissà cosa ne pensa la biosfera di 81 milioni di umani in più ogni anno!

Chiaramente, come società, ci stiamo prendendo in giro…

Sappiamo che su di un pianeta finito la crescita del PIL globale non può essere eterna (persino internet ha un peso ecologico) eppure troviamo più plausibile esplorare lo spazio piuttosto che trovare alternative economiche.

Prendiamo come esempio la Cina, dove ora la vasectomia sta diventando tabù, e vediamo come, per paura di non essere più sufficientemente crescente, ha invertito la rotta delle proprie politiche demografiche onde stimolare l’economia.

Ripetita iuvant: vogliamo un mondo in cui si consumi di meno, ma non capiamo che più consumatori significa più consumi.

Così, nel mentre che ci riempiamo la bocca di green, taciamo la violenza dei governi di limitare la libertà di individui e famiglie nello scegliere in materia procreativa.

Eppure ci ha sempre fatto tanto ribrezzo la Cina del figlio unico… Come mai la Cina che ostacola la contraccezione per fini economici ci sembra meglio?

Non sarà che, in fondo, in materia di ecologia e di responsabilità siamo un po’ tutti “carenti”?

 

Natan Feltrin