Debitum Naturae

LogoMattersSITO

Etica animale vs conservazione?

Partendo da riflessioni lette in giro…

Cosa c’entrano conservazione delle specie ed etica animale?

Molto, moltissimo…

Ma andiamo con ordine.

Premessa:

chi scrive ha due lauree in Filosofia (Etica Ambientale), una specializzazione in Enviromental Management Conservation (University of Stirling), diversi anni di azioni come ecologo da campo e volontario in progetti sparsi per l’Europa – uno di questi con Rewilding Apennines – ed ora Teaching Fellow in Environmental Ethics per una università americana nel mentre che promuove il rewilding in Italia su RewildAcademyItalia.it.

Detto questo, per far capire che chi parla ha le qualifiche per farlo, il discorso di questo post è estremamente capzioso e fallace.

L’etica e la scienza si toccano e si permeano, la fallacia naturalistica (riferimento alla legge di Hume) non basta a rendere i due campi impermeabili: le cose che si sanno sul mondo alterano i nostri comportamenti, le nostre leggi e le nostre capacità di cura ed empatia, anche se il passaggio non è sempre automatico.

Questo è valso in passato, e vale ancora oggi, quando la superiorità dell’uomo sulla donna, dei bianchi sugli altri popoli e degli eterosessuali sulle altre persone, per fare alcuni esempi, è stata scardinata dai sui presunti fondamenti scientifici.

Detto questo, ovvero che il dato scientifico può e dovrebbe influenzare il comportamento etico-politico, la stessa cosa vale per la filosofia-pratica della conservazione e per la filosofia-pratica dell’etica e del welfare animale.

Sì, la conservazione delle specie è una filosofia!

Dirò di più, è un’attitudine etica (lo trovate persino scritto in manuali universitari come il classico Principi Di Ecologia di Thomas M. Smith & Robert L. Smith).

La conservazione delle specie e degli ecosistemi è diventata una “moda” a partire da certe filosofie che hanno inventato, o scoperto, una responsabilità verso gli equilibri ecologici, i processi ecologici, la varietà genetica, le popolazioni, le specie, i paesaggi e la comunità biologica.

Potete leggere anche su EnvironmentalScience.org le seguenti affermazioni:

“Most sciences are about looking for answers to problems within the data generated and devising tests to solve them. Conservationism is slightly different. It does all of this, but it is one of a few areas of environmental science that has a specific philosophy of ethics behind its founding idea. Specifically, conservation ethics work from the idea of respect for the things we are protecting, preserving for future generations, acting as a steward and seeing the natural world merely as a resource to be exploited”.

La scienza biologica, l’ecologia, la zoologia, la botanica, etc… ci possono dire cosa succede se una specie scompare, quante ne sono scomparse, come interagiscono delle specie fra di loro, come lo scoiattolo grigio, o peggio il gatto, possono causare danni ad altre specie e molto altro.

La conservazione, partendo da questi dati e da un’etica basata sull’idea che estinguere sia moralmente sbagliato (e a volte economicamente), ci dice come intervenire per arginare i danni: si tratta di una “scienza della crisi”, a cavallo tra dati di fatto e politica.

Tale idea affonda le radici in vari pensatori, qui ne nomiamo tre: John Muir, Henry David Thoreau & Aldo Leopold (tenete a mente che le Università di tutto il mondo continuano a fare ricerca sui fondamenti dell’etica ambientale e della conservazione, potete trovare moltissimo materiale sul tema anche in italiano)

Detto questo, più che legittimamente, l’etica animale fa lo stesso: prende dati di fatto – gli animali possono soffrire, sono senzienti, hanno avanzate capacità di autocoscienza, etc… – e uniscono, dunque, alle scienze biologiche, etologiche, fisiologiche, etc… un’etica (ad esempio il consequenzialismo antispecista).

Peter Singer e Thomas Regan non sono diversi da John Muir, Henry David Thoreau & Aldo Leopold… Tutte queste persone, osservando un’enorme ingiustizia – convalidata da dati di fatto – hanno proposto strade per il cambiamento.

Diffidate della moda di dire che certe cose sono una “moda”, lo dicevano anche dell’antirazzismo e dei primi movimenti femministi.

Ora, dove sta il problema?

Gli individui animali esistono, credo tutti possiamo concordare su questo fatto.

Certamente abbiamo evidenze per dire che anche le specie esistono.

Dunque:

Entrambe queste entità meritano, per diverse ragioni, un atteggiamento etico e dei diritti, in senso lato.

Il fatto, che a molti preoccupa, è che queste due logiche possono cozzare…

Ma ciò significa che debba essere sempre e solo così?

Io non credo, sarebbe come dire che non posso credere nella libertà e nella non-violenza come valori contemporaneamente, perché altrimenti incomberei nel paradosso di non essere libero di fare violenza.

Capite dove voglio arrivare?

La conservazione ha spesso considerato i non-umani come oggetto.

Questo deve finire, ma ciò non implica che, automaticamente, non si possa MAI sacrificare degli individui per il bene di una specie.

Significa, piuttosto, che laddove non vi è una necessità di violare altri corpi senzienti bisognerebbe sempre evitare di farlo.

Forse il dibattito tra etica animale ed etica ambientale potrebbe causare qualche scomodità, ma è così che funzionano tutti i processi dialettici e in questo caso la “verità” sta davvero nel mezzo.

Consiglio di informarvi sul concetto di compassionate conservation e di seguire i cosidetti extinction studies.

Purtroppo, almeno per ora, i contenuti migliori sono quasi tutti in inglese.

Da un lato qualcuno tradurrà, dall’altro è sempre bene imparare questa lingua della comunità scientifica.

Spero di avere aiutato a chiarire le idee.

Natan Feltrin

Riferimenti bibliografici:

Andreozzi Matteo, Le sfide dell’etica ambientale. Possibilità e validità delle teorie morali non-antropocentriche.

Battaglia Luisella, Un’etica per il mondo vivente. Questioni di bioetica medica, ambientale, animale.

Smith Thomas & Smith Robert, Elementi di ecologia.