Conosciamo persone monogame patriarcali e persone poliamorose patriarcali.
Bastasse il poliamore per sradicare il patriarcato!
Essere poliamorosi non è affatto garanzia di eticità, infatti, in contesto multiamoroso possono essere reiterate le stesse dinamiche tradizionali, gerarchiche e sessiste che sono state il cuore corrotto della nostra civiltà per molto, troppo, tempo.
Non essere femministe oggi, significa essere tacitamente complici di un sistema d’oppressione che taluni vogliono farci credere superato per reale paura del cambiamento.
Starà a te usare il potenziale femminista e anti-patriarcale insito nella filosofia e nella teoria poliamorosa per liberare liberandoti.
Cosa significa?
Che se la monogamia normativa, anche eteronormativa, ha radici comuni con il sessismo e con la società patriarcale, il partiarcato ha trovato forme sottili di sfruttamento della liberazione dei corpi femminili e si è persino insinuato nel cuore di diverse realtà non-monogame, persino in quelle presunte “etiche”.
La one-penis-policy e l’asimmetria di potere tra persone socializzate come uomini e persone socializzate come donne sono alcuni esempi emblematici di sessismo riscontrabili nelle dinamiche di molti individui che iniziano a praticare il poliamore.
Il poliamore, però, nasce appunto per distruggere le norme di genere e liberare sessualmente e romanticamente ogni individuo, particolarmente quelli socializzati come donne, dalle norme patriarcali da cui la etero-mononormatività ha preso fondamento e nutrimento ideologico.
Il fatto che una donna possa avere più partner, che il suo corpo non sia più regolamentato da un marito e da un contratto sociale-religioso-statale, che non sia più vista come una macchina sforna-figli, sono tutte conquiste del femminismo e della sua potente critica alla monogamia tossica.
La monogamia normativa, in quest’ottica, è vista come una forma di biopolitica volta a colpire principalmente le donne e, per tale ragione, intrinsecamente sessista.
Questo processo di critica transfemminista e anti-colonialista ha portato all’affermazione di diverse forme di relazione non-monogama, in particolare quella poliamorosa.
Il multiamore è una rivendicazione della libertà di ogni individuo di svincolarsi dalla mono-normatività, esso enfatizza l’autonomia sessuale e crea nuovi rapporti erotici e sociali non basati sul possesso e sulla proprietà.
Il poliamore è una delle forme potenzialmente più democratiche ed egualitarie di relazione, se epurato da residui culturali fallocentrici, religiosi e pronatalisti.
Nella monogamia tradizionale, ad esempio, è accettata l’infedeltà maschile poiché si ha una visione degli uomini come più bisognosi di sesso rispetto alle donne, le quali, al contrario, vengono espropriate di ogni libido.
L’eros femminile, ricordiamolo ancora una volta, è stato sempre subordinato alla funzione ri-produttiva. Ogni variazione da tale norma era considerata deviante, sconveniente, peccaminosa, oltraggiosa, corrotta e sovversiva.
L’eros femminile, soprattutto prima dell’avvento della moderna contraccezione, è stato uno dei grandi rimossi psicologico-culturali della società cristiana e non solo. Ancora oggi, persino in paesi relativamente progressisti, aborto e contraccezione maschile restano tematiche problematiche, soprattutto per chi subisce tale problematicità.
In Italia, nel mentre che scriviamo queste pagine sul poliamore, la situazione in termini di diritti civili e gender equality è ancora preoccupante.
Questa ingiustizia di fondo, negata anche da molti presunti intellettuali che strizzano un occhio alle destre neofondamentaliste e alla Chiesa, deve essere combattuta con ogni mezzo etico che abbiamo a nostra disposizione, anche attraverso il poliamore come forza erotica sovversiva.
Ma per chi la monogamia conta davvero?
Storicamente per l’uomo la monogamia è sempre stata opaca e scarsamente vincolante, mentre per la donna, all’infuori di chi praticava prostituzione e altri rari casi, è stata un obbligo sociale ferreo.
Il poliamore è femminista perchè rivendica l’autonomia del desiderio sessuale delle persone socializzate come donne. Inoltre, fa della donna non più un oggetto del desiderio maschile ma un soggetto desiderante, non qualcosa da possedere e scambiare, ma qualcuna con volontà propria.
Qui non si sta dicendo che per essere femministe serva essere poliamorose, ma il contrario, invece, deve essere vero: non è concepibile un multiamore che non sia transfemminista.
Possesso, proprietà e ri-produzione sono il filo rosso che unisce storicamente le istanze monogame e quelle capitaliste. Il poliamore taglia questi fili e libera i soggetti da tale narrativa sociale fallimentare, violenta e obsoleta. O almeno, non dovrebbe ambire a niente di diverso.
Il fenomeno più imponente, forse, è quello della riconsiderazione della gelosia. Se nella narrativa tradizionale essa è, egualmente con la volontà di controllo, emblema di vero amore, passione e dignità, nel poliamore tale passione diventa un sentimento spiacevole da ascoltare, su cui ponderare e da gestire. La gelosia, in questa prospettiva, passa da arma di rivendicazione del possesso a dolceamara indicatrice della nostra fragilità e delle nostre esigenze.
Da ultimo, il poliamore è incentrato sulla comunicazione e sul consenso tra tutte le parti. Senza questa premessa una relazione poliamorosa semplicemente non può funzionare. Per tale ragione, le persone socializzate come donne possono qui trovare uno spazio di espressione e, inoltre, sono incentivate a far valere i propri bisogni e i propri desideri.
Natan Feltrin & Eleonora Vecchi
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