DNBlog – Day 7 – Tribù, Chi? Cosa? (Parte II)

Debitum Naturae

Writer & Blogger

Giuro, se è vero da una parte che abbiamo tirato l’alba ed è stata una domenica difficile, è vero anche che sono in ritardo perché ho speso gli ultimi 40 minuti a scegliere le foto e non per “trovarle” ma per decidere quali scartare. Un inferno. Parliamo di centinaia e centinaia di foto, situazioni e intersezioni con anche alcune incursioni di quelle figure, che ho già citato, importanti, ma in orbite man mano più ampie.

Veniamo a noi. Abbiamo scartato i modelli disfunzionali (secondo me, ovvio) e quindi che si fa per vivere una vita sociale degna di essere vissuta, degna dei bonobo che siamo o ci piacerebbe essere? Metto principi sparsi, così te li puoi usare random nel tuo modello se e quando ti pare.

Selezione

Non abbandonerò mai la convinzione che la maggior parte delle persone siano lerciume indegno (va come suona bene) e quindi poco da fare. Che sia per un partner (il primo o uno dei vari altri), un socio, un’amica, un membro della squadra per QUALUNQUE ruolo non c’è scampo, bisogna essere selettivi. Non si può raccattare tutto quello che passa il convento per paura di rimanere solə, voltarsi di fronte a incompatibilità che sotto sotto sai essere insormontabili. Piccola divagazione: non lo do per certo e non sono un grande fan della “prima impressione” ma ho notato che se quando si incontra qualcuno o si approfondisce una conoscenza si passa sopra platealmente a qualcosa che non ci va… non dura. Il “posso sopportare” è figlio del “poi cambia”, spoiler: è una cazzata. Quindi cerca persone di valore anche perché CI SONO. Non bisogna cadere nemmeno nella trappola opposta, cioè pensare che rimarremo soli o pochi per sempre poiché circondati da zombie sbavanti. Cioè, SIAMO CIRCONDATI da zombie sbavanti MA le persone degne esistono. Garantisco. Ciascuna delle persone ritratte in queste foto è un gioiello con caratteristiche e poteri “unici” che arricchiscono e rinforzano la rete in modi che non puoi neppure immaginare. Non è stato facile trovarle ma a quello ci arriviamo.

Bonus: giustamente Diana mi ha fatto notare che vi ho fatto tenere a mente l’immagine orribile del mangiare nudi davanti alla Tv sporcandosi con il sugo. Selezione significa anche poi accettare ciò che si è scelto e trovare qualcuno che ci scelga per quello che siamo. Con tutti gli accorgimenti e gli smussamenti del caso, ma se devi cambiare l’essenza di qualcuno… seleziona qualcun altro. E se per stare con qualcuno devi cambiare la TUA essenza… IDEM.

Prospezione

Posso sfoderare una vasta scelta di proverbi da “chi dorme non piglia pesci” a “chi cerca trova” perché direi che nella loro semplicità racchiudono il succo di questo punto. Oh, la gente bella dispersa in questo mare magnum di fertilizzante non apparirà come per magia davanti la tua porta di casa. Magari c’è il facile incontro fortuito OGNI TANTO ma tendenzialmente ti devi fare il mazzo a cercare. Quasi ognuna delle persone che ho vicino è stata frutto 1. di ricerca continua 2. di ricerca indiretta, attratta da ciò che già facevamo ed esisteva. E sono interessanti entrambi i punti.

Perché da una parte è giusto darsi da fare, indagare, conoscere, aprirsi a nuove possibilità (relazionali, artistiche, sociali), dall’altra può non essere neppure necessario quello, basta… FARE, ESSERE. Se sei attivo, viaggi, impari, crei, ti relazioni con sempre più persone e situazioni le probabilità che emerga qualcuno di valido aumentano. C’è un’interessante ricerca sociale che ha provato come, attraverso massimo sette salti di conoscenza diretta, qualunque essere umano può essere collegato con un altro, dal più potente al più remoto. Fai qualche prova e vedrai che è vero.

Dicevo quindi… FARE. Difficile che, seduto sulle proprie chiappe, sempre negli stessi luoghi o con lo stesso hobby, possa davvero arrivare qualche elemento nuovo. Fare rete comincia insomma da PRIMA di fare la rete stessa ecco. Poi viene il bello.

Costruzione

E perché mica basta una prospezione positiva per arrivare al risultato. Viene poi forse la fase più difficile. Questa rete la devi annodare e mica è sempre facile. Anzi, quasi mai lo è. Se penso ai rapporti tra alcuni di noi anche solo un anno fa o due, mi viene la pelle d’oca. Più le persone sono belle più sono complesse, più sono complesse più sono delicati i loro meccanismi da gestire, settare e incastrare con gli altri. Infilare una fetta di formaggio in un panino non è come incastrare l’ultimo ingranaggio di un orologio di precisione (ma che razza di metafora è… ). Ci vuole approfondita conoscenza, abilità, pazienza, gestione dei fallimenti insomma, i prossimi punti.

Determinazione

Ormai mi piacciono i punti con un solo vocabolo e quindi ci racchiudo qui sotto la gestione delle difficoltà e dei fallimenti veri e propri. Sì, è necessaria una determinazione ferrea per costruire un buon rapporto (anche a due) e più grande e complesso è il rapporto, maggiore è il numero degli individui coinvolti, più ce ne vuole.

Il processo di creazione prima e di gestione poi di un collettivo, una rete, una polecola, una coppia NON È lineare, è simile al significato totemico del cervo (taaac pubblicità: lo hai comprato il libro Orme Selvagge? No? Non ti vergogni? E se lo hai comprato perché non mi hai ancora mandato la recensione? E il corso? Lo hai preso? Lo vuoi? Vuoi almeno la lezione del cervo? Leggi fino in fondo che forse si può fare qualcosa per te), ovvero un processo ondulatorio di alti e bassi, di avanti e indietro, con una risultante FINALE in avanti. Si litiga, ci si allontana, ci si ferisce e bisogna essere pronti a riparare questi strappi, tenendo bene lo sguardo sulla meta. E per farlo è necessario il punto successivo.

Ma prima parlo del fallimento. Non importa quanto ci impegniamo. Non importa quante risorse investiamo. Non importa quanti corsi della Rewild academy facciamo per essere più fighi o fighe.

Falliremo.

Sbaglieremo a selezionare. Sbaglieremo a scegliere. Sbaglieremo a continuare un rapporto. Sbaglieremo partner, amico, socia, apprendista. Ancora e ANCORA.

Una volta dopo una defezione importante ne parlammo nella nostra chat di gruppo. Il succo era… oh Grim come cavolo fai a non esplodere quando investi così tanto su qualcuno e si rivela il peggior fiasco di tutti i tempi?

1. Lo metto in conto 2. Cerco di trarne lezioni.

E come in tutti i campi della vita (ne parleremo) alla fine insegnano più i fallimenti dei successi. Brucia eh. Proporzionalmente a quante risorse hai investito e a quanto tempo è andata avanti. Ma, alla fine, ogni fallimento (ribadisco, dalla coppia al grande progetto di gruppo) ha sempre ALMENO due risvolti positivi:

a. (che scrivere ancora 1 mi da noia) Ci permette di riflettere su possibili errori fatti da noi (che ci sono per forza) e insegna come non ripeterli.

b. Ci mostra quanto vale ciò che abbiamo. Ogni amore andato male (nel senso più ampio del termine, di nuovo) ci insegna quanto sia più vivido e di valore quello degli altri. Una collaboratrice che ti tradisce ti mostra quanto siano affidabili i rimasti. Un partner che sputa sul tuo amore mostra quanto valga l’amore degli altri. E così via. Per me questo è impagabile.

Dicevamo, che ti serve per superare le difficoltà di chi rimane invece?

Comunicazione

Punto al quale faccio inglobare anche la flessibilità. Allora. Siamo nel campo delle banalità ma meglio ribadirlo anche se magari non mi dilungo troppo perché dai… dai, LE BASI.

Comunicazione. Comunicazione. COMUNICAZIONE.

Condividere le piccole cose, belle o brutte. Dire se stai male o bene. Cosa ti irrita e cosa ti piace. Cosa vorresti e non hai. Chiedere e affermare.

Madonna vorrei poter far capire nelle parole con che veemenza parlo di questo punto.

APRITE QUELLE CAZZO DI BOCCHE (o muovete quelle dita) e COMUNICATE (qua ci sta plurale. parlo a te che leggi e al mondo tutto)

Comunicare è il 51% di qualunque cosa ben riuscita. È TUTTO.

TUTTO.

Lo ho già detto che devi comunicare? No, davvero, dovrebbe essere la base e non lo è.

Tenersi le paure e andare in paranoia. Avere timore di esprimere i propri desideri. Sentirsi inadeguati o che ciò che si ha da dire non sia abbastanza importante. Questi e mille altri motivi per non comunicare sono VELENO.

La comunicazione unisce, costruisce, evolve, vende, migliora, aiuta, sostiene, guarisce, ripara, inebria e potrei andare avanti all’infinito.

C’è un aspetto particolare nel quale comunicare è importante, così passiamo al penultimo punto.

Gratitudine

Uno dei modi migliori per comunicare è esprimere la propria gratitudine a chi si ha vicino. Di nuovo che sia partner o membro di una rete più grande non c’è cosa migliore che provare (ma rimane dentro di te) ed esprimere gratitudine.

Per l’ascolto, per i gesti grandi o piccoli, ma anche solo per l’ESISTENZA nel mondo e nella propria rete.

Ciascuno/a delle persone in queste foto e diversi altri non presenti sono un tassello fondamentale del mio vivere e del mio “successo”. Non sarei niente senza ciascuno di quei volti e dei loro ruoli nella mia rete emotiva e sociale. E so, anche se la maggior parte di loro non lo dice perché è fessa, che è così anche per loro.

Ricordi? Quella cosa dell’ologramma. Il disegno di questo branco, di questa Tribù, si ripete dal piccolo al grande, includendo varie persone in varie orbite ma ripetendosi magnifico e funzionale in dimensioni diverse, così come ciascuno di loro, di noi, è magnifico nel suo sé (o almeno ci prova, oh).

E qui veniamo all’ultimo punto:

Chi non cosa

Ok, non è una parola, ma quasi, e forse qualcuno potrebbe non essere d’accordo almeno su questo (puoi dirlo eh, insieme alla risposta alla domanda) però ne sono abbastanza indiscutibilmente convinto.

Lo ho già citato en passant. Se le “mie” (assolutamente non possessivo) persone si dedicassero ai gelati e non all’arte macabra li aiuterei in quello.

Ora. Non significa che non ci siano delle aree di interesse e che io non abbia delle cose che interessano a me. Così come è vero che certi aspetti legano solo alcuni di noi (ad esempio: anime e manga mica piacciono a tutti… tranne AOT. AOT è religione) ma il punto è che non sono cose fondamentali.

Il fondamentale è chi. CON chi.

Se uno riesce (o sta riuscendo) a costruire la propria Tribù, o branco, allora ha al fianco persone al di là delle cose (che temo sia lo slogan di qualche marchio mannaggia) anzi delle Persone e a quel punto non importa cosa tu stia facendo ma con chi.

Uno dei momenti più belli della mia “vita” con Sirah (cito solo lei esclusivamente per una questione di anzianità, sua perché è vecchia, e di relazione rispetto a tutti gli altri) è stato dopo l’incendio in casa, con 10.000 euro di danni, fango, di fuliggine ovunque e i carabinieri che ravanavano in mezzo alle ossa. E lei era lì, stolida e menefreghista, brutta e sexy dentro un kigurumi da drago.

Faceva schifo, ma eravamo noi.

Ecco. Trova una rete con la quale tu possa dire in ogni situazione

Fa schifo, ma siamo NOI (vedrai nel documentario su Salviamo l’Orso una rappresentazione REALE di questo concetto).

Bon. Basta. Bene.

La domanda è un po’ particolare, diciamo che puoi scegliertela. Puoi dirmi quale di questi punti secondo te è più importante o ancora meglio suggerirmi un punto che qui manca. Se tra tutti quelli che suggeriranno un punto extra ci sarà qualcosa che mi colpisce LO INTEGRERÒ nel post, aggiungendolo come postilla “contributo da: ” e regalerò all’autore o autrice la lezione di Orme selvagge sul Cervo.

 

RISPOSTE:

Grim, che dire: sono d’accordo su tutto. PUNTO.

Relazionarsi, con ste stessi, con gli altri, è difficile: dannatamente difficile.

Perché devi lavorare su te stesso, sugli altri, in un tempo in cui le persone continuano a mutare, a cambiare e, si spera, a migliorarsi.

Quindi parlare, comprendersi e accettarsi è fondamentale.

Inoltre, a mio avviso, è importante empatizzare con l’altra persona… tanto da “smussare” dei lati che abbiamo, difficili per l’altra persona, in modo tale da farla sentire ancora più al sicuro. Questo secondo me non è cambiare nel senso negativo (ossia non essere più se stessi), ma un cambiare nel senso di miglioramento, cercare di capire l’altra persona e cercare di essere meno peggio per lei e per te.

Migliorare per qualcuno, inoltre, penso aiuti molto. Perché in due/tanti le cose difficili sono più affrontabili.

Aggiungerei forse, anche se è una parola che detesto perché mi sa di anglismo di nicchia radical-chic, COMPERSIONE.

Non necessariamente in senso romantico o sessuale (anche se certamente può esserlo).

Mia madre mi diceva che “l’amico vero non si vede nel momento del bisogno, ma nel momento della gioia”.

Tutti, più o meno, sono capaci di provare pena per una persona che soffre (anzi, c’è anche un certo brivido di acquisizione di potere nel farlo), ma davvero pochi riescono a condividere la gioia di qualcun altro senza trarne alcun vantaggio, senza provare invidia e senza rosicare.

Quelle persone sì che sono degne compagne di vita.

Concezione o nomadismo…

Credo fermamente in quel che giace tra le parole di questo post, ma dovendo aggiungere qualcosa direi: “concepire”.

Concepire un mondo diverso dal nostro, con sfumature sfuggenti e meccanismi estranei, accettare che le nostre chiavi di lettura non sono universali e quindi possano risultare inadatte alla decodifica di alcunə. La comunicazione può modificare le nostre chiavi e renderle adattabili, ma solo nel momento in cui si accetta di non essere già pronti e di non essere in grado di leggere ogni libro con la stessa semplicità. Concepire un modo di vivere totalmente estraneo, farlo crescere, sviluppare, fino alla nascita di nuove chiavi e nuovi occhi.

Non dar per scontato nulla, muoversi con l’umiltà e la curiosità dei bambini in nuove situazioni.

Nei miei rapporti, quasi tutti gli errori sono dati da comunicazioni basate su presupposti errati, cioè che tutti siano fatti dal medesimo schema e dunque facilmente incasellabili in un’unica tabella.

Anche solo la tribù ci dona esempi di questa vastità di mondi là fuori.

Chi ama la morte, chi vuole imparare a farlo, chi vuole essere più wild, chi più ecologico, chi desidera scoprire un nuovo pensiero e chi si riscopre in esso. Ogni mondo è diverso, la comunicazione su base errata non porta a nulla. Continueremo a chiederci perché questa persona non rientri nel nostro schema. Concepire che non tutto intorno a noi è basato sulle regole del nostro mondo e che questo ci fornisce la meravigliosa possibilità di viaggiare per altri mondi.

Concepire l’arte d’essere nomade dei mondi altrui.

La moralità dei nostri principi non sempre è perfetta e capita spesso che ci leghi a preconcetti errati e inconsci, nei quali ci affossiamo e chiudiamo, senza dare la possibilità a noi stessi di conoscere un nuovo mondo.

Come diceva Rimbaud: “la morale (qui aggiungo io “congelata”) è il cancro della mente”…

Siamo capaci di navigare, ma spesso ci dimentichiamo di trovare le vele giuste per farlo.

Essere aperti al punto di vista più strano non vuol dire necessariamente accettarlo, ma ci dà la possibilità di trovare nuove prospettive e nuovi legami.