La civiltà romana ha segnato la storia, imponendosi in tutto il bacino del Mediterraneo ed oltre con forza, ordine, cultura e disciplina.
L’Impero Romano, tuttavia, è stato teatro di uno smisurato commercio di animali: proprio qui l’uomo ha intrapreso il suo viaggio oppressivo sul patrimonio della Natura, divenendo in pochi secoli artefice dell’impoverimento faunistico di diverse specie.
Alcune tra le maggiori cause che alimentarono l’importazione di animali esotici furono le venationes, spettacoli che replicavano le battute di caccia alla fauna selvatica.
Il programma nelle arene era davvero ricco e intenso: se nel pomeriggio trovavano spazio i duelli tra gladiatori, al mattino era la mattanza degli animali ad aggiudicarsi le luci della ribalta.
Il traffico di questi animali era raccapricciante ed affidato a navi mercantili e carovane, con bestie che giungevano dai luoghi più estremi sino ai confini dell’Impero.
Era un mercato che si sviluppava via terra e via mare, arrivando fino alle porte dello sconosciuto Oriente per catturare le ricercatissime tigri.
Ad essere uccisi nel Circo Massimo, nel Colosseo o nelle arene in generale, non erano solo le belve feroci; oltre a leoni, leopardi, tigri ed orsi erano sacrificati anche elefanti, antilopi, cervi e cammelli.
Per comprendere le dimensioni di tali massacri, dobbiamo immaginare che in un’arena, in una sola giornata, potevano essere uccise anche diverse centinaia di animali.
Alcune trascrizioni ci riportano al 7 a.C. quando Augusto, per celebrare la commemorazione di Agrippa, diede vita alle venationes con l’uso di animali esotici davvero singolari per l’epoca.
Per darvi un’idea di quanto fossero cruenti questi spet-tacoli, basta ricordare che per la cerimonia d’inaugurazione del Colosseo, l’imperatore Tito proclamò 100 giorni di festa durante i quali, gli spettacoli nel nuovo anfiteatro erano gratuiti per tutti.
Queste crude esibizioni comportarono la morte di oltre 10.000 schiavi e 9.000 animali, ma il record spettò a Pompeo che fece uccidere ben 600 leoni in un solo evento.
Il cacciatore era chiamato bestiarius e si presentava nell’arena con il preciso compito di uccidere leoni e tigri, spesso appena arrivati rispettivamente dall’Africa e dall’Asia, quindi stanchi per settimane di viaggio, affamati, malandati.
La caccia ai leoni del Mediterraneo era una nefasta consuetudine e questi possenti felini erano presenti persino nei Balcani e nella penisola ellenica, intorno al 1000 a.C.
Il leone, in assoluto, era l’animale più prestigioso da sfoggiare nelle arene e fu proprio lui a subire per questo il più grave decremento delle popolazioni selvatiche, ma non parliamo però del leone che oggi popola le savane africane, ma di una sottospecie ormai estinta, ovvero il Leone berbero, Panthera leo leo. I Romani furono i principali responsabili di questa estinzione perché, durante l’epoca imperiale, uccisero la stragrande maggioranza di questi esemplari. Questo animale, capace di superare i 3 quintali di peso, fu la prima vera vittima di questo crudele commercio.
Il commercio e la tratta degli animali selvatici erano floridi e vastissimi: riguardavano tante specie, alcune introdotte direttamente in Natura per scopi venatori o ornamentali come il fagiano Phasianus colchicus, l’animale selvatico più diffuso nelle nostre campagne.
Vi è mai capitato di vedere un maschio di fagiano, con la sua meravigliosa livrea nascondersi in un prato verde brillante?
Certo non è il migliore nel mimetismo, ma questo è dovuto al fatto che si tratta di una specie che dovrebbe vivere nella regione asiatica, nascosta tra gli incolti erbacei.
Introdotto per la prelibatezza delle sue carni e per la bellezza del suo piumaggio, il fagiano era una preda facile ed ambita dai cacciatori romani e furono loro stessi ad attivare un commercio da Oriente verso Roma e le sue province.
Ancora oggi alcuni dei nostri fagiani, seppur ibridati con quelli da allevamento per scopi venatori, conservano tracce genetiche di quegli individui che arrivarono in Europa a causa di tale rovinoso commercio.
La cultura romana ha avuto un effetto deleterio anche sulla percezione psicologica degli animali come è emerso dagli studi fatti nella stesura del libro Orme Selvagge.
Bibliografia: Il volo rapito di Marco Mastrorilli e Raffaella Maniero
Afterlife di Jessica Floris
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