Debitum Naturae

SUSSURRI DAL VALHALLA 

La nascita di un’opera Tra intrecci e bestie

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Ci sono volte in cui creare non è per niente facile.  Ti trovi davanti ad un teschio, ad un foglio, ad una pezza di cuoio, e possono passare ore, a volte anche giorni, prima che un’ombra di idea attraversi la tua mente. In quei momenti ti trovi spesso costretto a forzare la tua mano e la tua immaginazione, a creare qualcosa, e sai già che il risultato sarà solo “un bel pezzo”.

“Cosa c’è di male nel creare un bel pezzo?”, direte voi, “non è forse il risultato che stavi cercando?”

Beh, no. Anzi, posso garantirvi che per un artista non c’è cosa peggiore del creare qualcosa che sia semplicemente bello. Perché quello che ognuno di noi cerca, quando crea, è il dare vita ad un’opera unica, un’opera emozionante, una reliquia in cui riporre un pezzo della propria anima. 

Ci sono anche volte, però, nelle quali tutto è chiaro fin da subito. Momenti in cui guardi quel teschio, quel foglio, quella pezza di cuoio e, come per magia, l’opera sembra comporsi da sola. Le linee iniziano a tracciarsi, il colore compare dal nulla, forme e soggetti si stagliano nitidi. 

È l’opera stessa che chiede di essere portata alla luce. Ti chiama, ti indica con precisione quale forma vuole assumere, e tu non devi fare altro che ascoltarla.

Ecco, questo è ciò che più di ogni altra cosa regala emozione e gratitudine all’artista: l’essere testimone dell’Arte che si esprime in tutta la sua sconvolgente bellezza, del proprio Daimon che si manifesta. 

Ed è esattamente ciò che è accaduto non appena ho posato gli occhi su questo maestoso trofeo di alce.

Tra le superfici ondulate e irregolari dei suoi palchi, l’arte si è manifestata ai miei occhi sotto forma di intrecci e bestie, permettendomi di creare qualcosa che rendesse omaggio ad una cultura alla quale sono profondamente legato: quella norrena.

Ho così realizzato questo design basandomi sullo stile di arte norrena che amo più di tutti, lo stile Mammen (tipico della Scandinavia e di tutte le colonie vichinghe del X-XI secolo d.c.), ma  seguendo al tempo stesso le forme suggerite dalle venature e stratificazioni del palco.

Ne risulta una decorazione bilanciata ed armonica, che esalta le forme naturali del materiale e ne viene esaltata a sua volta.

 

I soggetti dell’opera sono i due lupi di Odino: Geri e Freki, “l’avaro e l’ingordo”, coloro che dimorano nel Valhalla e vengono saziati con la carne di cui il Padre degli Dei non si ciba, nutrendosi egli solo di idromele.

L’intera decorazione è dipinta a mano utilizzando tinte naturali per cuoio.

In quest’opera, in conclusione, natura e arte si fondono in un connubio indissolubile, creando un pezzo che rappresenta non solo la rinascita di un animale ormai privo di vita, ma anche un ponte tra il passato e il presente, un tramite per rivivere le gesta, le leggende e i valori del fiero popolo norreno. 

È un monito a custodire le nostre radici, a trarre ispirazione dalla saggezza dei nostri antenati e a celebrare la bellezza che ci circonda, guardando al futuro con un occhio sempre rivolto verso il passato.

Come Odino, accompagnato dai suoi fedeli lupi Geri e Freki, scruta Midgard dal suo trono nel Valhalla, così anche noi, attraverso quest’opera, possiamo intravedere un barlume di quell’antico mondo, cogliendone la forza, la fierezza e la profonda connessione con la natura.

 

 

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